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Certificazione di conformità degli impianti: quando serve e chi la fa

Quando è obbligatoria la dichiarazione di conformità degli impianti e in cosa consiste? Scopri quando è necessaria e chi la redige.
19.03.2025 /
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La dichiarazione di conformità garantisce che gli impianti di un immobile siano sicuri, efficienti e a norma. Sono documenti essenziali contenuti all’interno del certificato di agibilità, la cui assenza può compromettere la vendita di una casa. In questo articolo vedremo meglio cos’è la certificazione di conformità degli impianti, in quali casi è obbligatoria, chi la redige e le possibili conseguenze qualora mancasse.

Certificazione di conformità degli impianti: cos’è e a cosa serve

La certificazione di conformità degli impianti, chiamata dichiarazione di conformità (Di.Co.), è l’atto che attesta la regolarità degli impianti presenti in un immobile. Questo documento ne garantisce la sicurezza, il fatto che rispettino le normative e che siano installati alla regola dell’arte, in base a quanto stabilito dal DM 37/2008. Non va confuso con la certificazione energetica che, invece, attesta l’efficienza energetica di un edificio.

Chi rilascia la dichiarazione di conformità degli impianti

La certificazione di conformità viene rilasciata dall’impresa installatrice abilitata che ha realizzato o modificato l’impianto e deve essere firmata sia dal titolare/legale rappresentante dell’impresa sia dal responsabile tecnico, se si tratta di una persona diversa. Il documento va consegnato al committente, che deve conservarlo e fornirne copia agli utilizzatori degli impianti.

L’impresa installatrice è responsabile sia di questo adempimento sia del deposito della dichiarazione presso lo Sportello Unico per l’edilizia del Comune competente. Ricordiamo che questo passaggio è essenziale per le nuove costruzioni, in quanto la dichiarazione di conformità va allegata al certificato di agibilità. Il deposito presso lo Sportello Unico per l’edilizia va effettuato entro 30 giorni dalla fine dei lavori. Successivamente, lo Sportello Unico invia una copia del documento alla Camera di Commercio.

Quando è obbligatorio il certificato di conformità?

La dichiarazione di conformità è obbligatoria in caso di:​

  • installazione di nuovi impianti;
  • interventi di manutenzione straordinaria;
  • modifica o ampliamento di impianti esistenti.

Non è invece richiesta per i lavori di manutenzione ordinaria. ​

Dichiarazione di conformità: quali impianti devono essere certificati?

Il certificato di conformità è richiesto per:

  • impianti elettrici;
  • impianti termici;
  • impianti radiotelevisivi ed elettronici in generale;
  • impianti a gas;
  • impianti idraulici;
  • impianti antincendio;
  • sistemi per il sollevamento di persone o cose (come ascensori, montacarichi, scale mobili).

Certificazione di conformità: cosa deve contenere?

Tra gli elementi che dovrebbe contenere la Dichiarazione di conformità rientrano, ad esempio, i dati del responsabile tecnico, quelli dell’impresa installatrice, il tipo di impianto; il certificato, inoltre, deve includere alcuni allegati come il progetto o lo schema dell’impianto, a seconda del caso specifico, e la relazione tipologica dei materiali impiegati.

Cosa succede in caso di mancanza di conformità degli impianti?

La mancanza della dichiarazione di conformità degli impianti può causare sanzioni amministrative da 100 a 1.000 euro; inoltre, l’assenza di questo documento può rendere più complicato vendere l’edificio.

Si può vendere casa senza il certificato di conformità impianti?

La risposta è affermativa: è possibile vendere un immobile anche in mancanza delle certificazioni di conformità degli impianti. A livello legale, non sussiste alcun obbligo specifico e quindi la vendita di un immobile è consentita e valida anche nel caso in cui per quell’edificio non siano disponibili le certificazioni. Tuttavia, ci sono diversi aspetti da tenere in considerazione.

In primo luogo la normativa prevede, per il venditore, l’obbligo di garantire che il bene sia esente da vizi che lo rendano non idoneo all’uso a cui è destinato o che ne diminuiscano sensibilmente il valore. Tra questi vizi, definiti comunemente “vizi occulti” perché non comunicati prima dell’atto di vendita, possono rientrare anche difetti o irregolarità relativi agli impianti, come ha stabilito tra l’altro la Cassazione in alcune sue pronunce. Nel caso di vizi occulti l’acquirente può chiedere un risarcimento al venditore o, addirittura, la risoluzione del contratto.

Cosa è bene fare se la casa da vendere non ha la Di.Co.

Pertanto è opportuno e consigliabile, nel caso di compravendita di immobile sprovvisto di dichiarazioni di conformità degli impianti, che l’assenza di queste certificazioni venga esplicitata e regolamentata nel contratto sulla base di un accordo tra venditore e acquirente. Accordo che può prevedere l’impegno del venditore a provvedere alla messa a norma o comunque alla certificazione degli impianti prima del rogito – in questo caso tutta la relativa documentazione deve essere consegnata al compratore proprio al momento della stipula dell’atto – oppure l’accettazione da parte del cliente di un immobile privo di certificazioni e, quindi, l’assunzione su di sé dell’onere della regolarizzazione.

In questo secondo caso, ovviamente, il prezzo dell’immobile sarà condizionato negativamente dall’accordo tra le parti e questo è un altro importante aspetto della questione: la mancata certificazione degli impianti, seppure non incida in maniera diretta sulla commerciabilità giuridica di un immobile, può penalizzare, anche in maniera significativa, la commerciabilità economica dello stesso, comportando una significativa svalutazione del bene o, addirittura, l’incapacità di trovare acquirenti disposti a farsi carico della messa a norma.

È comunque opportuno specificare che, nel caso di vendita di appartamenti datati o passati più volte di proprietà, la certificazione spesso non è presente e che gli impianti siano conformi alla legge originariamente in vigore al momento della realizzazione degli stessi, ma vi è l’impossibilità del venditore di dichiararne la conformità. Ciò non pregiudica assolutamente la vendita del bene, la cui agibilità resta pienamente valida ai fini della compravendita. La clausola “la vendita è fatta ed accettata nello stato di fatto e di diritto in cui l’immobile si trova” contempla, fra le altre, anche questa fattispecie.

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Articolo scritto in collaborazione con Isabella Zaffarami.

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