L’abitabilità di un immobile non dipende solo da elementi come le dimensioni o la disposizione degli spazi, ma è legata al rispetto di precisi requisiti. Negli anni il concetto si è evoluto, fino a essere unificato con quello di agibilità, inoltre, con la legge 105/2024 di conversione del DL 69/2024 (il cosiddetto “Decreto Salva Casa”), sono state introdotte ulteriori novità che incidono sulle condizioni necessarie per ottenere questa certificazione. Noi di Residenze Immobiliare siamo costantemente informati sulle normative di settore, per affiancare sia i privati sia le imprese costruttrici in modo efficace. Ecco dunque una guida sui requisiti di agibilità e sugli ultimi aggiornamenti.
Cosa si intende con “abitabilità”?
Con “abitabilità”, o meglio “agibilità”, di un immobile si indica la presenza di specifiche condizioni di igiene, sicurezza, salubrità e risparmio energetico che consentono l’utilizzo dell’edificio. A disciplinarla è il Testo Unico dell’Edilizia (DPR 380/01) dove, all’art.24, si legge: “La sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, e, ove previsto, di rispetto degli obblighi di infrastrutturazione digitale valutate secondo quanto dispone la normativa vigente, nonché la conformità dell’opera al progetto presentato e la sua agibilità sono attestati mediante segnalazione certificata”.
Che differenza c’è tra “abitabilità” e “agibilità”?
Oggi non c’è più distinzione tra questi due termini, anche se in passato indicavano concetti distinti. L’abitabilità riguardava gli immobili a uso residenziale, attestando la conformità a requisiti di sicurezza, igiene e altri aspetti, mentre l’agibilità si riferiva agli edifici non residenziali, e si focalizzava su stabilità e sicurezza strutturale. È con l’entrata in vigore del Testo Unico dell’Edilizia che questa distinzione viene superata e i due termini vengono uniti sotto il concetto di “agibilità”.
I requisiti di agibilità richiesti
Perché un immobile o locale sia considerato abitabile, deve soddisfare una serie di requisiti che riguardano, ad esempio:
- altezza minima interna dei locali;
- dimensioni delle stanze;
- rapporto aeroilluminante;
- conformità degli impianti elettrico, idrico e termico;
- sicurezza statica dell’edificio;
- ulteriori fattori che accertano la sicurezza e la salubrità.
Agibilità di un immobile: altezze e superfici minime
Concentriamoci, ora, su due delle caratteristiche che abbiamo menzionato e i parametri richiesti dalla normativa perché l’immobile sia dichiarato agibile. In linea generale, per quanto riguarda l’altezza minima interna, sulla base del D.M. del 1975, questa deve essere pari a 2,70 metri per i locali principali, e di 2,40 metri per corridoi, disimpegni, bagni, gabinetti e ripostigli.
Per quanto concerne la superficie minima, invece, per i monolocali destinati a una sola persona è richiesto che questa non sia inferiore a 28 metri quadrati, inclusi i servizi igienici; se destinati a due persone, il minimo si attesta a 38 metri quadrati.
Requisiti di abitabilità: cosa cambia con il Salva Casa
Il cosiddetto “Piano Salva Casa” (ossia la legge 105/2024 di conversione del D.L. 69/2024), introduce alcune modifiche per quanto riguarda i requisiti di agibilità delle abitazioni, superando in parte la normativa del 1975. Secondo il Salva Casa, infatti, il progettista responsabile del lavoro ha la possibilità di asseverare la conformità dell’intervento in alcune situazioni che rappresentano un’eccezione rispetto ai principi generali che abbiamo visto. In tali circostanze, si possono ammettere:
- locali con altezza minima interna sotto il limite attuale di 2,70 metri, fino a un massimo di 2,40 metri;
- monolocali con una superficie inferiore a 28 metri quadrati comprensiva di servizi igienici (fino a un massimo di 20 metri quadrati) per una persona, e inferiore a 38 metri quadrati (per un massimo di 28 metri quadrati) per due persone.
Come anticipato, ciò è possibile in presenza di determinate condizioni. Infatti, deve essere rispettato il requisito di adattabilità previsto dal DM 236/1989, e almeno uno di questi presupposti, come si legge nell’art. 24 del T.U. Edilizia modificato:
- “a) i locali siano situati in edifici sottoposti a interventi di recupero edilizio e di miglioramento delle caratteristiche igienico-sanitarie;
- b) sia contestualmente presentato un progetto di ristrutturazione con soluzioni alternative atte a garantire, in relazione al numero degli occupanti, idonee condizioni igienico-sanitarie dell’alloggio, ottenibili prevedendo una maggiore superficie dell’alloggio e dei vani abitabili ovvero la possibilità di un’adeguata ventilazione naturale favorita dalla dimensione e tipologia delle finestre, dai riscontri d’aria trasversali e dall’impiego di mezzi di ventilazione naturale ausiliari”.
Certificato di agibilità: cos’è e quando è necessario
Il certificato di agibilità, oggi chiamato Segnalazione Certificata di Agibilità (SCA), è dunque il documento che certifica che l’immobile e i suoi impianti rispettano i requisiti di sicurezza, igiene, salubrità e risparmio energetico stabiliti dalla legge. In sua assenza, l’edificio non può essere usato a scopo residenziale o commerciale. È obbligatorio in caso di:
- nuove costruzioni;
- ricostruzioni o sopraelevazioni, totali o parziali;
- interventi su edifici esistenti che possono influire sulle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità e risparmio energetico dell’immobile e degli impianti presenti.
Quando, invece, la SCA non è richiesta? Questa certificazione non è necessaria per gli edifici costruiti prima del 1934, a meno che non abbiano subito ristrutturazioni o modifiche strutturali di rilievo dopo il 2003.
Come si ottiene l’abitabilità e quali documenti servono?
Per ottenere l’abitabilità di un immobile – oggi, come detto, formalmente denominata “agibilità” – bisogna quindi presentare al Comune la Segnalazione Certificata di Agibilità entro 15 giorni dalla conclusione dei lavori, corredata dalla documentazione necessaria. A differenza del passato, la certificazione non viene più rilasciata dal Comune, ma è il tecnico abilitato a dover autodichiarare le condizioni di agibilità dell’edificio. Oltre all’attestazione del professionista, tra i documenti da presentare ci sono, ad esempio:
- il certificato di collaudo statico;
- la dichiarazione di conformità in materia di accessibilità e superamento delle barriere architettoniche;
- gli estremi dell’avvenuta dichiarazione di aggiornamento catastale;
- la dichiarazione di conformità degli impianti.
Quanto costa ottenere il certificato di abitabilità
I costi associati a questa procedura variano in base al Comune. Di solito, comunque, includono spese come marca da bollo, diritti di segreteria, verifica degli impianti, collaudo statico, onorario del tecnico.
Cosa succede se una casa non è abitabile?
La mancanza del certificato di agibilità comporta diverse conseguenze legali e pratiche. Innanzitutto, se non si presenta la SCA entro 15 giorni dalla fine dei lavori, nei casi che abbiamo indicato, si rischia di incorrere in una sanzione amministrativa che va da 77 a 464 euro, come indicato dal Testo Unico dell’Edilizia. Inoltre, questa inadempienza può rendere più critico e complicato il processo di vendita della casa.
Si può vendere casa senza il certificato di abitabilità?
Cosa succede se si acquista una casa senza agibilità? È bene sapere che è possibile vendere un immobile privo del certificato di agibilità, ma l’acquirente deve essere pienamente informato di questa mancanza e aver accettato la situazione (tuttavia, non potrà andarci a vivere finché non avrà ottenuto l’agibilità). In caso contrario, se è stato firmato il compromesso, il compratore potrà rifiutarsi di passare al rogito e chiedere di essere rimborsato degli anticipi versati. Se è già avvenuta la firma del contratto definitivo, l’acquirente potrà rivalersi chiedendone la risoluzione o il risarcimento del danno.
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