Una lunga diatriba legale, in ambito fiscale, si è conclusa con l’intervento dirimente della Suprema Corte
Quando avviene un trasferimento di proprietà di un immobile di interesse storico-artistico, le imposte ipotecaria e catastale devono essere pagate in misura proporzionale e non in misura fissa. È quanto ribadito recentemente dalla Corte di Cassazione nell’Ordinanza n° 7386 del 17 marzo 2020. Scopriamo come la Suprema Corte sia giunta a questa decisione, ripercorrendo i fatti dal principio.
Tutto comincia nel 2007, quando una società (una srl unipersonale) acquista un immobile di interesse storico-artistico. Puntualizzazione importante: la legge che stabiliva la tutela delle “cose di interesse storico artistico”, ovvero la 1089 del 1° giugno 1939, è stata abrogata nel 2008, quindi successivamente ai fatti in questione. La srl, al momento della compravendita, ha pagato le imposte ipotecaria e catastale in misura fissa, salvo poi ricevere dal fisco un avviso di pagamento delle quote rimanenti non pagate e basate sul calcolo proporzionale delle imposte. La società ha saldato tali quote, ma poi, nel 2009, ha chiesto all’Agenzia delle Entrate il rimborso delle stesse, perché, secondo la legislazione vigente, le imposte dovevano essere pagate in misura fissa. L’Agenzia ha interpretato in maniera diversa dal ricorrente la legislazione citata, ovvero l’Articolo 10, comma 2 del Dlgs 347/1990, in cui si legge che l’imposta di registro “è dovuta nella misura fissa di euro 200,00” per le volture “eseguite in dipendenza degli atti di cui all’articolo 1, comma 1, quarto, quinto e nono periodo, della tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, approvato con D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131”.
Nell’Articolo 1, comma 1, quarto periodo, della Tariffa, parte I, allegata al Tuir tra gli atti soggetti a registrazione in termine fisso sono indicati anche quelli aventi come oggetto “immobili di interesse storico, artistico e archeologico soggetti alla legge 1° giugno 1939, n. 1089, sempre che l’acquirente non venga meno agli obblighi della loro conservazione e protezione”. Secondo l’Agenzia però l’Articolo 10 faceva riferimento ad una versione precedente dell’Articolo 1 comma 1 della Tariffa perché, successivamente, l’articolo 7, comma 7 della legge 488/1999, apportando delle modifiche all’Articolo 1 della Tariffa parte I allegata al TUIR, ha sostanzialmente modificato la numerazione originaria dei periodi del comma 1 dell’Articolo 1, modifica con cui il periodo riguardante gli immobili di pregio storico-artistico diventava uno di quelli a cui faceva riferimento l’articolo 10.
Di fatto, secondo l’Agenzia, questo spostamento di periodo nell’Articolo ha portato gli immobili in questione a beneficiare di un’imposta fissa, diversamente dalla volontà iniziale legislatore: si ritiene infatti illogico che sia proprio questa categoria di immobili di grande lusso e pregio a godere di una agevolazione fiscale così marcata.
Successivamente al dissenso espresso dall’Agenzia, la società ha fatto appello ricorrendo alla Commissione Tributaria Regionale la quale, interpretando le leggi in senso letterale, ha dato invece ragione al ricorrente. È stata quindi l’Agenzia delle Entrate a ricorrere in Cassazione, segnalando che il citato Articolo 10 fa riferimento ai periodi 4°, 5° e 9° del comma 1 dell’Articolo 1 della Tariffa, il quale però è stato modificato dal citato Articolo 7, comma 7, modifica con cui i periodi 4° e 5° sono diventati, rispettivamente, 5° e 6°, escludendo quindi l’attuale 4° periodo, quello degli immobili di pregio.
La Corte Suprema ha dato ragione all’Agenzia delle Entrate, ritenendo errata l’interpretazione “letterale” della CTR. Questa decisione è giunta al termine di un processo di interpretazione giuridica piuttosto tecnico e che quindi in questa sede riteniamo inutile inserire, in quanto poco agevole e comprensibile per i non esperti di diritto. Ci basti sapere che, al termine del processo interpretativo, i giudici di Cassazione hanno deliberato che lo spostamento dei periodi nel comma in questione non può essere considerato come l’introduzione di una nuova agevolazione ipotecaria e catastale a vantaggio di una categoria di immobili che, prima di questo spostamento, non ne erano beneficiari. Per questo, nella sentenza si legge che “i trasferimenti di immobili di interesse storico artistico sono tuttora soggetti alle imposte ipotecaria e catastale in misura proporzionale e non fissa, non essendo intervenuto alcun provvedimento legislativo inteso a modificare la relativa disciplina”.